L'ANGELO
di Emanuele Papa
Era una mattina come tante, il cielo correva veloce verso sud, liberandosi delle cupe nubi tra le valli che sorgono poco a nord di qui. Ero seduto, con la mia tuta bianca e un casco appoggiato sul ginocchio, lo sguardo perso nel vuoto di un cielo azzurro ed immenso che mi sovrastava, concentrato nello scrutare le buffe forme delle nuvole che minacciavano la valle. Appoggiato al portellone dellelicottero, una tuta rossa e un casco bianco sotto braccio, cera un uomo, alto, robusto, lo sguardo sicuro di chi sa che ogni volta la nostra è una corsa contro il destino. Ce ne stavamo li, come sempre, ad aspettare una sirena che emetta tre volte un suono assordante, che ti fa salire ladrenalina, per noi quella sirena è quasi come un semaforo, che ci proietta in una corsa contro la morte, contro il tempo e contro un destino spesso troppo crudele. La mostruosa figura di quella massa uniforme di colore giallo, ritoccato qua e la da qualche sprazzo di un blu che sembrava essere lunico punto vulnerabile di una macchina indistruttibile, luccicava nel sole di una mattina di primavera. Tutto era immobile, sembrava quasi che la vita cominciasse con il suono di quella sirena. Scrutavo il cielo con ancora più attenzione, la situazione nuvolosa che si stava creando allo sbocco della valle non mi piaceva per niente, avevo cominciato a sperare di dover intervenire a sud, dove il cielo era limpido e tutto sarebbe stato più semplice. Il mio sguardo incrociò quello delluomo appoggiato al portellone, per la prima volta dopo mezzora dissi una parola, ma non ottenni risposta&ldots;non ce ne fù il tempo un suono che mi fece rabbrividire si propagò sulla piazzola, si aprirono le porte di fronte a noi e comparirono due uomini vestiti anche loro in rosso con in mano dei borsoni, dissero soltanto: Isola&ldots; mi bastò per capire che la gara era già cominciata e ceravamo persi il colpo di partenza&ldots; Salii subito a destra al mio posto, spostai velocemente le dita sui pulsanti che popolavano la cabina di pilotaggio, pochi istanti e sentii il rombo dei motori seguito dal lento sibilo delle pale che iniziavano a ruotare. Laspetto del mostro adesso aveva lasciato il posto a qualcosa di ben diverso, i lineamenti curvi e dolci dellelicottero gli conferivano unaria quasi angelica. In poco tempo arrivammo a destinazione, non fu difficile trovare un luogo idoneo allatterraggio,la strada statale che passa da quelle parti è costeggiata da tanti campi uno in fila allaltro, portai dolcemente a terra lelicottero, nel trambusto di sirene e grida di persone che copriva lassordante rumore delle pale in rotazione. Appena toccai terra i portelloni posteriori si spalancarono e prima che spegnessi i motori i due medici erano già in corsa verso la strada, qualche metro più avanti. Scesi dallelicottero, posai il casco sul sedile e scrutai verso la strada, cera qualcosa di insolito, sotto il telo bianco teso dai soccorritori per impedire ai curiosi di seguire le drammatiche scene che si stavano svolgendo potevo scorgere dei capelli scuri, lunghi, distesi sullasfalto. Un brivido mi percorse la schiena e il sangue mi si gelò nelle vene. Stesa a terra sullasfalto, gli occhi chiusi, il busto che si muoveva ritmicamente al tempo dei respiri, sempre più affannosi e corti, il viso pulito e dolce, rigato da un rivolo di sangue che lo attraversava precipitando sul collo e spegnendosi sullasfalto. Ero attonito, la ragazza che avevo di fronte, avrà avuto più o meno la mia età, non mi interessava sapere quanti anni aveva, ma sapevo che era troppo giovane per morire&ldots;.questa volta la gara contro il tempo sarebbe stata eterna, quei momenti vissuti nellaria sarebbero stati interminabili. Corsi subito al mio posto, indossai il casco e cominciai a smanettare tutti i pulsanti, lo feci a memoria, senza guardare, non ero presente con la testa, la mia mente era rimasta su quel viso, su quel corpo steso a terra inerte. Vidi fuori dal finestrino i medici che correvano verso di me, tra le mani una barella e negli occhi tanta fretta. Tutti a bordo, la barella era stata assicurata, non fecero in tempo a comunicarmi che si poteva andare, avevo già staccato i pattini da terra, adesso toccava a me, ero io che dovevo sconfiggere il tempo e il destino. Guardavo fisso avanti, mentre solcavo a velocità folle il cielo, sapevo che ogni secondo che passava una parte di lei se ne andava, che lentamente moriva, dovevo farcela! Sotto di noi correva veloce lAdige tra le curve e i ponti, eravamo quasi arrivati, mancava poco, eppure quei minuti mi sembravano non passare mai. Ogni tanto mi giravo e lanciavo un occhio al suo torace, respirava! E questo era un buon segno, ma sapevo anche che da un momento allaltro avrebbe potuto smettere e nelle mie orecchie sarebbe risuonato un suono stridulo e continuo, il suo cuore si sarebbe fermato. Potevo scorgere la macchia verde che conteneva la piazzola elicottero dellospedale, ero un po troppo veloce e alto, ma non potevo mancare latterraggio, dovevo metterlo giù al primo colpo. Ormai ero sulla verticale, più velocemente possibile appoggiai i pattini a terra, latterraggio non fu dei migliori, pesante, veloce e scomposto, ma era il modo più rapido per toccare terra. Mi voltai con la speranza negli occhi e vidi il suo busto muoversi ancora&ldots;.era viva. Spensi subito i motori e scesi, vidi i portelloni aprirsi e i medici schizzare fuori, aprii il vano barella e aiutai ad estrarla. Era sdraiata, gli occhi adesso erano aperti e brillavano di un verde bellissimo, il rivolo di sangue sul volto non cera più e potei ammirare il suo viso in tutta la sua regolarità e dolcezza. Presi la barella sul lato destro, quello più vicino alla faccia e corsi disperatamente verso il lettino preparato per lei, mentre la caricavano sul lettino incrociai il suo sguardo e rimasi sorpreso quando lei accennò un sorriso. Rimasi immobile, quasi ipnotizzato mentre la portavano via. Non so chi sia quella ragazza, ne se ce la farà a superare tutto questo, so solo che consapevole di essere ad un passo dalla morte, incrociando il mio sguardo mi ha sorriso. Quel giorno avevo conosciuto un ANGELO.
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