SOGNO

 

di Emanuele Papa

  Sogno&ldots;&ldots;&ldots;.

 

I fiochi raggi di sole che sbucavano dalle montagne illuminavano a stento l’ampia valle attraversata da un fiume, più simile ad un ruscello di montagna che a un corso d’acqua degno di quel nome.

Era li, dove tra le montagne ed il fiume si estendeva un piccolo aeroporto, una pista, una via di rullaggio ed un “baldacchino” che si protendeva verso il cielo qualche metro al di sopra di vecchi e ormai arrugginiti hangar.

Sul piazzale era parcheggiato un nuovissimo esemplare di TB9 “Tampico”, aeromobile leggero con forme più affusolate e sportive del comune CESSNA, i pochi raggi di sole che a quell’ora del mattino, riuscivano a fare capolino tra le vette spinose delle montagne circostanti, lo facevano scintillare con colori rossastri e molto vivaci.

Tutto era fermo ed immacolato, nel piccolo aeroporto regnava un atmosfera quasi surreale-

Io ero seduto a terra sull’asfalto bagnato dalla brezza mattutina, guardavo con sguardo attento le cime delle montagne contornate da buffe nuvolette di strane forme, poi spostai il mio sguardo sull’aereo, ammirai le forme regolari e tondeggianti della sua carlinga, lo strano colore che i raggi del sole conferivano al piccolo velivolo, lo rendevano un capolavoro&ldots;.mi alzai e avvicinandomi lo sfiorai con le dita, poi salii sull’ala sinistra, aprii il capottino a goccia e mi infilai nella larga e confortevole cabina di pilotaggio.

Il sole stava ormai portandosi alto nel cielo, i pochi raggi rossastri avevano lasciato il posto ad un chiarissimo fascio di luce che illuminava ormai la valle. Il piazzale aveva cominciato ad animarsi, cosi come le strade ed i paesi.

Rimasi seduto al mio posto di pilotaggio, il fascino dell’alba mi aveva fatto perdere la cognizione del tempo, ormai era mattino. Decisi di mettere in moto il “gioiellino”, il motore borbotto un po’ e poi con un forte ronzio prese lentamente giri, mentre gli occhi scorrevano con sguardo sicuro sugli strumenti, chiusi il capottino&ldots;detti motore ed iniziai a rullare, la pista con orientamento 18/36 distava solo pochi metri da dove mi trovavo e la raggiunsi in breve tempo. Mentre completavo i controlli pre-decollo cominciò ad assalirmi quell’euforia che provo ogni volta prima di staccare le ruote dal suolo.

Con fare sicuro e con il battito del cuore che copriva il ronzio regolare del motore, diedi manetta e, dopo essermi allineato, cominciai la corsa di decollo&ldots;pochi istanti ancora e sarei stato parte di un sogno, qualcosa di astratto, un mondo fatto di emozioni&ldots;.era giunta ormai l’ora, tirai dolcemente verso di me il volantino e vidi il terreno scivolare via per poi sparire nel nulla&ldots;c’e l’avevo fatta!!! Ero finalmente parte di qualcosa di misterioso, di qualcosa che non si può descrivere&ldots;le emozioni, avevano preso il posto dei mille pensieri che mi passavano per la testa adesso c’era solo azzurro “sporcato” ogni tanto da qualche batuffolo di cotone che si muoveva senza meta.

Sotto di me si estendeva il mondo: case, strade, boschi&ldots;..ma quello era qualcosa di estraneo, io adesso facevo parte di un mondo fatto di raggi di sole, di azzurro e di batuffoli di cotone&ldots;facevo finalmente parte di un SOGNO!!!

 

Dedicato a Marco Lorenzi e Matteo Alessandrini, morti contro il costone Sud del Monte Bianco “mentre vivevano il loro sogno”.

 

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