IL VOLO PIU' LUNGO

 

di Lorenzo Cum

 

Il volo più lungo

 

Tutto inizia mentro ero a Vancouver con l’intenzione di passare un periodo di vacanza, dopo aver passato un altro periodo (molto stressante) di vacanza a Barbados&ldots;eeh, si, il Prez. nel colloquio di lavoro ti presenta TropicAir come una compagnia seria, che opera i suoi voli in luoghi bellissimi e dove si lavora poche ore al giorno e neppure tutti i giorni della settimana; solo dopo aver firmato il contratto (che ti lega a vita a TropicAir) ti accorgi che le poche ore al giorno sono quelle di riposo, quando c’Ë; che i pochi giorni la settimana in cui lavori sono in realt‡ i pochi giorni la settimana in cui lavori meno di venti ore al giorno, che i luoghi bellissimi dove voli comprendono anche Saba, dove rischi la vita anche parcheggiando&ldots;e cosÏ via&ldots;.e man mano che voli in giro per i Caraibi con la divisa di TropicAir accumuli amici, ovunque tu vada, amici che non si scorderanno mai di te, soprattutto quando torni nel luogo dove li hai conosciuti! E cosÏ ogni volta che torni in qualche posto avrai sempre o il responsabile dell’aeroporto che ti rincorre per la tassa di atteraggio e per il carburante non pagati, o il barista che ti rincorre perchÈ gli devi ancora pagare la bevuta della volta prima, o i turisti di un qualche volo passato che, come ti vedono, si ricordano del loro volo con TropicAir e del servizio non proprio eccezionale che hanno ricevuto. E cosÏ tutti cominciano a rincorrerti, forse per ringraziarti, forse per complimentarsi con te, o forse, come Ë successo a me a Barbados, per riscuotere quello che in tutti gli anni di servizio in TropicAir non hai mai pagato loro, con la promessa di saldare il conto la volta successiva.

Ma torniamo a Vancouver&ldots;mi stavo organizzando per un bel giro turistico del sud del Canada quando ad un certo punto arriva il piccione viaggiatore. Proprio il piccione viaggiatore! Tua mamma ti avrebbe telefonato, un tuo amico anche, solo Lui puÚ aver mandato un piccione viaggiatore per darti una comunicazione urgente. Lui, Sua Iridescenza the Prez., dice che avendo tanti piloti in giro da ogni parte del mondo preferisce comunicare cosÏ, senza dover sovraccaricare la Jole di telefonate da fare&ldots;”Ormai il numero di piloti supera il centinaio, sai quante telefonate dovrebbe fare la Jole per inviare piani di volo, comunicare variazioni di orario, ecc&ldots; e siccome la Jole Ë sola&ldots;” Questo Ë quello che mi disse una volta il Prez. alla mia richiesta di spiegazioni riguardo il piccione viaggiatore che ricevetti per la prima volta.

Ma sanno tutti ormai che il Prez. è come Paperon de Paperoni, meno spende e meglio sta, pur facendo la quotidiana nuotata nei virtualEuro e virtualDollari (che noi gli facciamo guadagnare), continua a comperare tutto usato di quarta mano (aerei in primis)&ldots;e quindi risparmia anche sulle telefonate, mandando piccioni viaggiatori.

Il piccione arrivò mentre stavo riponendo la divisa da pilota con l’intenzione di non usarla per un po’, ma il messaggio allegato al piccione diceva: “prendi subito la divisa che hai in mano, indossala, parti per New York JFK e l‡ ritira un piano di volo per te STOP”

Ora, non ho mai capito come facesse il Prez. a vedere che stavo piegando la divisa per riporla nell’armadietto, ma come tutte le volte, quando il Prez. ti manda un messaggio del genere, non puoi far altro che seguire le indicazioni che ti dà.

Indossai la divisa, uscii dalla roulotte e andai a prendere le chiavi del 777 con cui ero arrivato da poco (la roulotte? La roulotte? Un pilota appena arrivato in TropicAir potrebbe chiedersi perchÈ stessi dentro una roulotte. Ebbene, i comandanti anziani e comandanti master, invece del solito sacco a pelo per i piloti di livello D e C, invece della solita tenda da montare per i piloti di categoria B ed A, hanno la roulotte per i soggiorni fuori sede. L’albergo era troppo anche per noi, ma una roulotte (biposto e con le pareti di cartone, rigorosamente posizionata sulla testata della pista in uso per gli atterraggi) Ë sufficiente per trascorrere qualche notte in attesa del volo successivo).

Trovai l’aereo dopo un paio d’ore di cammino in giro per l’aeroporto (come si diceva prima il Prez. non ama pagare le tasse di atterraggio, le definisce delle inutili costrizioni, e quindi, puntualmente ogni volta, l’aereo viene spostato dal carro attrezzi e portato in qualche posto isolato dell’aeroporto&ldots;di norma nel deposito delle carcasse degli aerei (non c’Ë molta differenza tra la carcassa di un aereo di una compagnia seria e un aereo di TropicAir, deve essere questa la spiegazione&ldots;).

Sono partito immediatamente, ma non prima di aver rubato qualche gallone di carburante a degli aerei lÏ vicino (tanto per avere qualche caro amico anche su a Vancouver) e arrivato a New York dopo circa 5 ore di volo. All’atterraggio sono corso immediatamente all’ufficio pianificazione voli di TropicAir (in qualche bagno da qualche parte dentro un qualche terminal internazionale di JFK, queste erano le chiare indicazioni fornitemi).

Può succedere che il Prez richieda ai suoi piloti dei voli speciali; questo E' quello che credevo fosse il motivo della mia convocazione. Invece nella busta c’era un suggerimento, solamente un suggerimento? &ldots; un suggerimento? E io ho fatto tutto questo solamente per un suggerimento?

C’era scritto: se fossi in te volerei da JFK a Sydney col 747 e poi farei un report dettagliato al Presidente.

Come al solito Ë meglio seguire le istruzioni date senza fare domande, ma in certe situazioni il voler capire cosa succede è più forte di qualsiasi cosa.

Così ho cercato di dare a me stesso una spiegazione logica e sono arrivato a questa conclusione: il Prez, siccome sta cercando di espandere ulteriormente la compagnia (come dimostrano anche le ultime assunzioni di massa) ed incrementare così le sue entrate, sta esplorando nuove rotte, e quale maniera migliore di farle esplorare ad altri?

Soprattutto se comandanti master (quelli che oltre a poter mandare a quel paese il Presidente possono fare voli charter), questi “altri” possono fare dei voli “speciali” senza che questi siano veramente “voli speciali” e quindi al pilota non viene pagata la maggiorazione per volo speciale&ldots;a questo proposito faccio un appello alla Sua infinita Magnanimità, Prez, sono ormai quasi 3 anni che volo per Lei, appena assunto comperai subito una Panda 30 usata di quarta mano convinto che con i primi stipendi potessi cominciare a pagare le rate, ma io sto ancora aspettando lo stipendio di marzo 2001 (il primo della serie) e ora anche colui che mi ha venduto la macchina Ë diventato uno di quei “grandi amici” di cui sopra!

Il foglietto con il suggerimento non era il solo dentro alla busta; un altro foglio che trovai in seguito diceva: bravo, sapevo che avresti accettato (e anche qui sorsero i miei dubbi su come il Prez. faceva a sapere che avevo accettato, anche se era facile intuire che se avessi detto “no” non avrei avuto molte speranze di continuare a volare, finendo probabilmente in qualche miniera di sale sparsa per il centro America).

Continuando a leggere trovai delle indicazioni su come trovare l’aereo che dovevo utilizzare per il volo. E’ probabile che qualcuno pensi che sebbene l’aeroporto Kennedy sia uno dei pi_ trafficati e congestionati al mondo, un aereo TropicAir, vuoi per la sua livrea, vuoi per il suo stato di manutenzione non sia difficile da trovare.

Il fatto è che non sempre gli aerei appartenenti a TropicAir hanno la livrea TropicAir&ldots;.uhmm&ldots;quella parola lì sopra “appartenenti” non mi sembra la più adatta, meglio così: non sempre gli aerei che usa TropicAir hanno la livrea TropicAir ed il perchè è semplice: siccome il Prez procura molti aerei provenienti da compagnie di tutto il mondo, non sempre le officine di repainting di TropicAir riescono a riverniciare gli aerei in tempo per la loro entrata in servizio. E poi ci sono anche aerei che sono entrati in TropicAir per vie traverse (più di qualche volta pilotai dei voli Tropic con degli aerei della United, della Swiss, della British Airways, e l’unica cosa di cui ero sicuro Ë che non erano voli in codeshare con queste compagnie). Poi ci si mette anche un manifesto alla sede di V C Bird in cui c’è scritto chiaramente: caro pilota, qualsiasi sforzo tu faccia per l’ampliamento della flotta è benvenuto!

Ad ogni modo, adesso trovo l’aereo (al quale, tra l’altro, è appena stato fatto il tagliando, o almeno spero), ci salgo sopra inserisco il piano di volo, rullo, decollo, volo, atterro, chiudo il piano di volo, me ne vado a riposare&ldots;cosa c’è di diverso dagli altri voli&ldots;è solo un po’ più lungo del normale&ldots;

Era questa una mezza idea di come sarebbe dovuto andare il mio volo, da New York JFK a Sydney Intl.

Magari&ldots;

Per mia fortuna l’aereo era in livrea Tropic, ma la ricerca fu difficoltosa ugualmente perchè davo per scontato che l’aereo fosse parcheggiato vicino ad una delle gates, dimenticando che in TropicAir nulla è scontato. Il 747 era parcheggiato dietro un capannone dello smistamento bagagli vicino ad un A380, entrambi in divieto di sosta ed entrambi con dei fogliettini attaccati ai finestrini della cabina di pilotaggio. In seguito, guardando più da vicino realizzai che erano multe per divieto di sosta, una al giorno per i due mesi in cui gli aerei erano stati fermi lì per il tagliando.

Mi avvicinai ad un vigile per poter prelevare il 747 che mi serviva urgentemente per il volo e per mia grande fortuna per portare via l’aereo avrei dovuto pagare le multe: con lo sconto per i clienti affezionati me la cavai con poche centinaia di migliaia di dollari (non è la prima volta che un aereo Tropic viene parcheggiato in divieto di sosta a New York, anche se purtroppo trovare parcheggio per un 747 al JFK è difficile quasi quanto il fatto che il Presidente domani mi paghi tutti gli stipendi arretrati), in più già che ero lì il vigile mi disse di pagare anche le multe dell’A380&ldots;siccome avevo finito la disponibilità del mio libretto degli assegni rigorosamente falso, e il vigile non accettava carte di credito anch’esse rigorosamente false, gli dissi di addebitare la somma ad un certo Mazzotta geom. Franco, residente a Zagarise. Con questo non me ne voglia, Geometra!

Dopo questo spiacevole contrattempo salii in aereo, presi le chiavi (che di norma, quando l’aereo è parcheggiato si conservano sotto lo zerbino o nella cassetta della posta) e, dopo aver caricato una quantità inverosimile di carburante, spostai l’aereo al punto di raccolta dei passeggeri.

Inserii intanto il piano di volo. A differenza di quanto accade per i piloti delle altre categorie, che, in caso di emergenza devono trovarsi da soli un aeroporto per un atterraggio fortuito, il Prez, per i comandanti, oltre che a inserire nel kit del comandante una Sua foto con scritto “torna a casa bestione”, inserisce nel piano di volo anche una lista degli aeroporti dove è possibile atterrare in caso di avarie durante il volo. Il Prez vuole precisare che queste due cose le fa per l’aereo, non per il pilota.

Mentre facevo tutti i controlli pre-volo mi assicurai più volte che i serbatoi fossero pieni al 101 % (non si sa mai, gli indicatori di carburante, come tutte le altre parti dell’aereo provenienti dalle Officine Tropic, quali esse siano, soprattutto le famigerate Tropitech, non funzionano mai nella maniera ottimale). Inoltre feci una cosa mai fatta prima in TropicAir: sacrificai i serbatoi per il trasporto clandestino di rum. Come qualche pilota avrè notato ci sono sempre due indicatori di livello in più nei pannelli degli aerei TropicAir, e sono gli indicatori di livello dei serbatoi del rum, anch’essi posti sulle semiali, uno per parte. Siccome il Presidente non mi avrebbe mai perdonato per aver lasciato a terra svariate migliaia di litri di rum, e io non volevo rimetterci in prima persona dato che si trattava del Rum di Cum, famoso per la sua qualità non proprio eccelsa e per il suo sapore più vicino al diluente che al rum, decisi di trasportare il prezioso distillato in un serbatoio situato nella pinna della coda dell’aereo. Quello che avanzò lo vendetti sul momento, così da ripagare in parte la spesa sostenuta per le multe di divieto di sosta. Dopo aver lasciato il numero di telefono a tutte le hostess, una più gnocca dell’altra, ritornai in cabina e autorizzai la salita dei passeggeri.

Quando tutti i passeggeri furono imbarcati e dopo aver ricevuto le opportune autorizzazioni, cominciai a rullare verso la pista per il decollo; come prevede la procedura in vigore solamente in TropicAir, il taxi dal parcheggio alla pista si svolge, nel caso di aerei trimotori o quadrimotori, con solamente 2 motori accesi, risparmiando così quel mezzo bicchiere di carburante che alle volte può salvarti la vita; inoltre i flaps si estendono solo una volta arrivati al punto attesa, evitando così di produrre resistenza, e quindi aumentare inutilmente i consumi mentre l’aereo si reca in pista.

Dopo un bel po’ di tempo passato in fila (in cui vige, sempre secondo le procedure di TropicAir, la regola del passaggio a livello, ovvero: se va per le lunghe spegni il motore, risparmierai carburante e non inquinerai!) ricevetti l’autorizzazione al decollo.

Decollare con un aereo così carico (un numero imprecisato di passeggeri data la configurazione “high, very high density” del 747, dove la business class ha la stessa distanza tra i sedili di una classe economica di una compagnia normale, una enorme quantità di merci, una ancor più enorme quantità di carburante, qualche migliaio di litri di rum) Ë un’impresa. Se Cristoforo Colombo per partire alla scoperta dell’America, invece di avere la Nina, la Pinta e la Santa Maria avesse avuto un aereo TropicAir credo che avrebbe rinunciato volentieri e sarebbe rimasto a casa, magari avrebbe anche cambiato lavoro!

Nonostante il peso e nonostante il regolamento TropicAir che prevede che non si superi per alcuna ragione l’85% del regime massimo del motore (si dice che non sforzandolo troppo il motore duri di più), l’aereo si alza, un po’ a fatica ma ce la fa.

Inizia quindi la salita verso la quota di crociera, fissata a 41.000 piedi. Inizialmente per salire a 10.000 non sembrano esserci troppi problemi, nonostante il rateo di salita abbastanza sostenuto. A 10.000 ricevo l’autorizzazione a salire a FL220. Ora come ora mancano circa 8600 miglia marine a destinazione&ldots;ci si prepara per un lungo volo e quindi le hostess cominciano a scaldare il pentolone con dentro la sbobba per i passeggeri di classe economica, e cominciano a prendere le ordinazioni per i passeggeri di business class. Anche qui ci si potrebbe stupire, ma siccome TropicAir ed il Presidente (in certe occasioni dire TropicAir e dire Presidente è praticamente la stessa cosa, essendo il Prez. l’unico dittator&ldots;.ehm&ldots;l’unico azionista della compagnia) ci tengono alla propria immagine in giro per il mondo, è stato previsto che nei voli più lunghi di 5500 miglia (veramente pochi se guardate il timetable) il pranzo non sia costituito da pane raffermo ed acqua piovana per l’economy e un panino col tonno di terza qualità per i passeggeri di business (come accade di solito sui voli Tropic, qualora sia previsto un servizio di catering) ma si dia l’opportunità ai propri passeggeri di godere di un servizio “serio”. Quindi per l’economy il pranzo diventa una sbobba servita in gusci di noce di cocco costituita da svariati ingredienti (non ho mai voluto nè assaggiare, nè approfondire, ma si dice che sia una pietanza tipica del paese di origine di Ernesto) e i passeggeri di business possono scegliere tra carne di maialino trasgenico allo spiedo o carne di maialino trasgenico alla griglia.

Io fortunatamente avevo ancora in tasca mezzo panino al salame (purtroppo la stessa tasca in cui conservavo anche il fazzoletto di carta con cui ho controllato l’olio al 777 qualche volo prima) e mi sono accontentato di quello. Non ho avuto problemi a trovare qualcosa da bere&ldots;nonostante l’immane quantità di rum contenuta nel serbatoio in coda mi accontentai di un po’ d’acqua&ldots;me la procurai grazie al fatto che la gran parte dei finestrini della cabina non erano proprio integri e quindi la pioggia (che stavo incontrando mentre attraversavo nelle nubi durante la salita) entrava in cabina attraverso le cricche nel vetro o attraverso le guarnizioni “leggermente” usurate.

La salita proseguì verso FL350 e ad un certo punto qualcuno entrò in cabina. Se fosse stato buio non l’avrei visto dato il colore scuro della sua pelle, ma per fortuna sono decollato alle 10 di mattina (orario molto insolito, normalmente gli slot affidati a TropicAir sono sempre compresi tra le 01:00 e le 05:00 del mattino) e siccome era pieno giorno riconobbi subito la sua gigantesca sagoma, o meglio, la sagoma della sua gigantesca “cosa”.

Quando mi disse: “Giuliano, io avere bisogno di dè” ebbi la prova inconfutabile che stavo parlando con Ernesto (diciamo che la prova inconfutabile era qualcos’altro&ldots;ma&ldots;.). Proseguì poi dicendo: “Eh&ldots;ma du non esere Giuliano, dove esere Giuliano?”. Gli risposi: “E’ evidente che non sono Giuliano, cosa ti serviva?” E lui replicando disse: “Giuliano avere promeso che bordare me a vedere Ausdralia, lui mai bordare me, sembre andare con signorina Jole, cosa avere io meno di signorina Jole?” Dopo avergli garantito che lui meno di Jole non ha nulla, anzi ha anche qualcosa di più, tanto di più, gli chiesi cosa volesse fare a quel punto: “Vedi Ernesto, adesso non posso tornare indietro per scaricarti ma se vuoi, puoi venire in Australia con me&ldots;oppure lì c’è un paracadute e ti butti!” Lui accettò di continuare il viaggio e quindi gli dissi: “Ok, siccome il Beltra ti fa pilotare spesso il 747 facciamo che guidi un po’ tu mentre io vado a riposarmi&ldots;devi solo stare attento che tutto vada bene, se succede qualche cosa mi chiami”.

Così me ne andai a dormire. Per fortuna (o per sfortuna?) avevo Ernesto con me e stava guidando l’aereo&ldots;il pilota automatico gonfiabile non sempre è affidabile&ldots;e il fil di ferro arrugginito lo avevo già adoperato per fissare un carrello nella posizione retratta.

Ad un certo punto mi ritrovai inspiegabilmente in mezzo ad un sacco di hostess, tutte bellissime, una più carina dell’altra che cominciarono a chiamarmi: “comandante, comandante&ldots;&ldots;” improvvisamente aprii gli occhi e trovai una grossa sagoma, la grossa sagoma che era entrata in cabina qualche ora prima: “Gomandande, tu avere dormido dando, ora tu bilodare e io dormire” mi disse. Chiesi dove eravamo e l’Ernesto, con aria molto professionale, mi disse: “Io non sabere dove esere, io vedere agua da ogni barde, forse noi esere sobra oceano!”

Ringraziai per il “grosso” aiuto ricevuto e prima di recarmi in cabina feci il giro per controllare che tutti avessero il biglietto: quando si pilota un Seneca V, uno Short o un TwinOtter non Ë difficile controllare che tutti abbiano pagato il biglietto, al massimo questi aerei portano una cinquantina di persone (secondo gli standard TropicAir), e quindi al momento della salita dei passeggeri Ë facile eseguire il controllo, ma in un 747 con la configurazione “high, very high density” dove i passeggeri sono alle volte un migliaio, compresi quelli in piedi nei corridoi attaccati alle maniglie (come negli autobus) e quelli che si rinchiudono in gabinetto per tutto il volo, è meglio eseguire il controllo sopra l’oceano, tanto per avere un’arma in più a proprio favore nel caso si debba recitare la fatidica frase: “Se lei è senza biglietto sono costretto a farla scendere, adesso”&ldots;.benchè qualche pilota si limiti semplicemente a prendere il malcapitato clandestino e sbatterlo fuori dall’aereo.

“Noi siamo una grande compagnia e non abbiamo nulla da invidiare alle altre, sia come personale, sia come equipaggiamenti e sia come mezzi”: questo lo disse il Presidente quando presentarono alcune innovazioni all’interno della flotta; tra queste la telecamera sulla coda dell’aereo (la stessa in dotazione sugli Airbus A340-600 per facilitare le manovre a terra del velivlo) che venne installata sugli aerei di grandi dimensioni nella nostra flotta (siccome si erano manifestati dei casi in cui alcuni piloti avevano lasciato a terra la coda dell’A380 e del 747 a causa di manovre un po’ troppo disinvolte, il Prez. valutò che costava molto meno installare una videocamera).

Mi ricordai della dotazione di serie del velivolo (la telecamera appunto) e decisi di approfittarne per vedere se nel frattempo, durante il mio riposo, erano volati via dei pannelli dalla fusoliera o da qualche superficie portante (ogni tanto succede). Guardando sul display notai che il 747 inquadrato era della British Airways. Mentre mi assicuravo che il monitor in cui stavo guardando non fosse finto (succede ogni tanto che la Tropitech installi degli strumenti che loro definiscono “provvisori” che in realtà sono la esatta riproduzione dello strumento su un pezzo di carta) e che l’immagine non fosse una foto entrò una hostess con in mano un foglietto: “E’ un comunicato urgente del Presidente!” mi disse.

C’era scritto: “Non preoccuparti se l’aereo ha la livrea British Airways, me lo sono procurato da poco – e quest’ultimo pezzo voleva dire un sacco di cose, soprattutto se pensiamo alla telecamera sulla coda, quando mai Il Geometra avrebbe speso di tasca sua per una telecamera sulla coda – e il responsabile repainting di TropicAir mi ha detto che siccome aveva finito la vernice, intanto ha dipinto la livrea provvisoriamente usando gli acquarelli del figlio che va all’asilo”. Pensai che dovevo aver perso la colorazione dell’aereo quando incontrai la pioggia mentre prendevo quota a New York. E rimasi un po’ perplesso per la tempestiva comunicazione del Presidente, mentre io mi trovavo da qualche parte sul Pacifico a migliaia e migliaia di chilometri dalla famosa e famigerata Villa di Aruba, una delle tante “stamberghe” che Il Magnifico aveva disseminato in giro per i caraibi: intendiamoci, queste “stamberghe” hanno tutte almeno 3 campi da golf, il ranch, aero-idro-eli porto privato, pista da formula 1 privata (e si dice che il Prez. abbia un campionato di Formula 1 tutto suo), capannone-cassaforte sotterraneo, e chi pi_ùne ha le metta, sicuramente il Presidente ce le avrà!

Superato per l’ennesima volta lo schock mi resi conto che erano ormai passate quasi 19 ore di volo e che dovevo cominciare a scendere verso la mia destinazione finale.

Regolai l’orologio sull’ora locale di Sydney (dove intanto era arrivata la sera) e dopo aver richiamato l’Ernesto in cabina cominciammo la discesa. Ernesto arrivò con un foglietto in mano, un’altra comunicazione del Presidente che diceva che all’atterraggio dovevo seguire il veicolo di servizio col nostro logo sopra che vi avrebbe portati a parcheggiare in un posto sicuro e lontano da occhi indiscreti. Qui la mia perplessità fu doppia: sull’auto di servizio il logo British o quello Tropic, e poi, vedi che l’aero non è arrivato in Tropic a seguito di una regolare operazione finanziaria tra le due compagnie?! Ma ormai ci sono abituato.

Sul foglietto c’era anche scritto di coprire il velivolo con degli arbusti e dei ramoscelli per renderlo invisibile. Arbusti, ramoscelli? Ma se per coprire una cosa grande come un 747 devo disboscare tutta l’Amazzonia&ldots;..vabbè, mai obiettare agli ordini ricevuti dal Presidente!

La discesa fu dolce, liscia, senza dover neppure ricorrere all’aerofreno (cosa che ogni tanto sul 747 non si risparmia scendendo, a causa della eccessiva tendenza a prendere velocità di questo bestione). L’atterraggio fu ugualmente morbido, con un leggero vento trasversale, sulla pista 34R di Sydney Kingsford Smith. Una volta toccata terra aerofreni al massimo, reverse e un pizzico di freni alle ruote, come al solito.

Il rullaggio seguendo la macchina di servizio col logo TropicAir fu lungo e arrivammo in un luogo pressochè deserto, in riva al mare, con vicino una fitta pineta; “Ernesto, dammi una mano, aiutami a prendere qualcosa che possa coprire il 747”. Ernesto “Va bene, io aiudare, ma tu fare prometere a Giuliano che mi porda in giro con lui e che non vada in giro con signora Jole”&ldots;”Va bene Ernesto, farò il possibile, anche se purtroppo il Beltra non nutre tanta simpatia verso di me, penso che si sia rivolto alla Don Don & Co. per un servizio che intende farmi; forse dovresti parlare col Picci, lui è tanto amico del Beltra e saprebbe convincerlo”.

Dopo un sacco di tempo riuscimmo a far credere che lì in riva a quella spiaggia non ci fosse qualcosa nascosto sotto un cumulo di rami, ma che ci fosse una piccola collina boscosa. Compilai anche il report&ldots;..19 ore e mezza di volo, 151.000 chili di carburante consumato&ldots;.cavoli, se il Prez lo legge così gli viene un malore, spetta che modifico: 15.100 chilimoltiplicatodieci di carburante consumato&ldots;ecc&ldots;.volo tranquillo&ldots;.un clandestino nel vano sinistro del carrello principale&ldots;il rum è arrivato e sembra sia più buono che alla partenza&ldots;.le hostess non mi hanno lasciato il numero di telefono&ldots;no, aspetta, questo meglio non scriverlo sul report, ecc&ldots;

Quella sera, poi, andai a dormire nella solita roulotte sulla testata della pista 34R di Sydney, in quella roulotte due posti che per l’occasione si trasformò in monoposto (dicono che Ernesto non sia molto quieto durante il sonno).

E così ora sto scrivendo questo resoconto, caro Prez, mentre sono da solo con Ernesto su questa spiaggia&ldots;.solamente con Ernesto? Solo lui ed io? Prez, quando parte il mio volo di ritorno?

Lorenzo Cum 042

KJFK-YSSY

747-400

19 ore e 24 minuti